Poteva benissimo non laurearsi in legge se Lorenzo voleva andare qua e là a raccogliere sui metalli piccole lastre di idrossido ferrico per poi realizzare dei collages da collocare sulle tele. Il suo lavoro tecnico parte da questa "trovata", che corrisponde ad una formula complessa e che consente di operare artisticamente creando situazioni cromatiche che non modificano il colore della ruggine ma quello della tela su cui viene posta. Ne esce una lunga sequenza di tele votate allo sfinimento dell'ossidazione che, nata e sottratta da una superficie in ferro, è subentrata sulla tela come collages e per rivivere una nuova esperienza cromatica, funzionale alla nuova esperienza. Ci fu un giorno in cui Lorenzo scoprì sulle palancole i vari colori dell'ossidazione, staccò i vari strati di ruggine e li portò in studio: spezzettandoli distribuì la nuova materia su ogni tela come se usasse pennellate o spatolate e così seguitò a fare. La ruggine porta in se la "fine" del proprio metallo, cioè l'agonia della propria materia, e l'artista usandola avverte tutto il peso del tempo che incrina il suo presente e anche lo spazio che si presta ad accoglierlo.

Ma è giusto dire che quando Lorenzo distribuisce la ruggine sulla tela la usa come quando usa il normale collage e copre la superficie di tela secondo urgenze liriche che presenta non solo in rapporto alle parti frantumate e attaccate, come un qualsiasi pittore che usi il pennello per fare sulla superficie pezzi di colore, ma anche in rapporto al gioco cromatico che cambia il colore dei piani, li frantuma secondo rapporti spaziali armonici e crea assonanze grafiche tra vuoti e colori frammentati. Il suo informale è un suo intenzionale modo di lasciare che la natura si frantumi, ogni volto o oggetto si inventi gli spazi nuovi lacerando la ruggine che si colloca a fiori e a ricamo, facendo in modo che il bianco respiri a intermittenza sulla tela o l'azzurro si specchi sull'oro della ruggine. Talvolta l'oro rossastro della superficie giunge fino alla lunga cerniera che abbraccia la parete o al rosone che macula il verde in circolo. Pare che il mondo- nonostante le apparenze- sia in dissoluzione tanto la materia vibra di tensione e di disagio: già negli anni '50 nascevano le invenzioni di Pollock e il dripping americano, in cui si realizzava il miracolo di un'emozione che si rappresentava come materia, quasi l'inconscio si abbinasse alla razionalità dell'invenzione. Ora "con Lofilo" tutto appare più preciso e lirico insieme il suo modo estroso di far coincidere la pittura con il gioco fa sì che l'atto creativo si illumini di una segreta felicità ludica: bambole o sacchi o ghiande o ruggini si realizzano in libertà secondo progetti studiati anche tra malati e detenuti, quasi un soprassalto di vitalità etica segnasse gli schemi della creazione personale.Negli anni i modelli di Filomeni mutano la propria forma, si allontanano da schemi realistici per calarsi in forme liriche e dinamiche, con foto aggiunte e con figure di carta; con ritagli convenzionali capaci di far uscire "l'inverno dal letargo" intellettuale; la "mano di Dio" cala sulle forme originarie di un mondo tecnicizzato; il "divenire" astratto un sereno spargimento in orizzontale; la "mucca" un essenziale abbandono di dinamismi e di prospettiva plastica; il grafico della "bisbetica" non coglie l'esteriorità della donna ma il suo groviglio interno e il suo sviluppo di pigmenti; la "vita a scacchiera" del 2004 tenta di ricondurre alla sua avventura probabilistica per tentare un dialogo con gli uomini; ogni quadrato è il gesto ripetuto all'infinito sulla scacchiera del mondo per ricondurre alla ripetitività del quotidiano del suo drammatico morire.

I pastelli e la colla, la polvere d'oro e l'acrilico si affiancano così al ferro piegato e al colore aggiunto per tentare quell'avventura creativa che unisce l'intelletto e materia per giungere all'accordo fra colori, pigmenti e ferri; tutte note che nascono dall'estroso spartito del Filomeni per assurgere ad originalità di canto pittorico e anche scultoreo. La causa che "l' avvocato-pittore" sta conducendo con l'antimmaginazione è assai più ardua di quella che avrebbe dovuto discutere con i vari diritti: condurre in giudizio la fantasia è sempre un'impresa ardua, soprattutto per la mancanza dei vari appelli. Ma le udienze saranno ancora molte e altrettanti i successi.

Prof. Dino Carlesi

 

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